Modalità di sopravvivenza

5 Giugno 2025

Incontro in centro un giornalista nel caldo di giugno per raccontargli i dettagli del nostro ultimo lavoro in studio. So quello che gli devo dire, lo abbiamo stabilito in una lunga riunione e l'ho imp...

Incontro in centro un giornalista nel caldo di giugno per raccontargli i dettagli del nostro ultimo lavoro in studio. So quello che gli devo dire, lo abbiamo stabilito in una lunga riunione e l’ho imparato a memoria. Devo solo essere gentile e distante, normale routine. Non ne ho voglia, comunque. Ho perso quel tipo di resilienza che mostra una cortesia professionale, un sorriso intorpidito e un’espressione vagamente interessata. Lo guardo, vedo che muove la bocca, deduco che sta chiedendo qualcosa. Mi viene in mente che il parcheggio scade tra mezz’ora, che tornando devo lasciare la macchina dal meccanico e comprare le vitamine per il cane.
Lui chiude la bocca, quindi tocca a me. Ripeto tutto quanto si è deciso di dire, l’ho memorizzato perfettamente.
Il giornalista riapre la bocca. Fa un caldo da svenire. Una coppia anziana ci passa vicino cercando un tavolo libero, lo trova con un sospiro di sollievo. Mi viene in mente che una volta, avrò avuto neanche 5 anni, chiesi a mia nonna notizie del nonno.
“Infandum, regina, iubes renovare dolorem“, rispose lei. Di quel verso sublime colsi solo la parola “regina” e per tutto il giorno mi comportai e parlai come una dama di altissimo rango. “Dolorem” non la presi neanche in considerazione. E’ quello che sto facendo anche adesso?
Lui chiude la bocca e io gli propino la seconda parte concordata. Gli sorrido, mi alzo e lo saluto. Lui cerca di avere altre informazioni, ma mi avvio nella piazza assolata, sperando di non scivolare sui tacchi. Ho già il senso di colpa per aver mancato un contatto umano. Da un po’ di tempo esagero in un senso o nell’altro. Mi fermo e immergo le mani nella fontana e poi le braccia fino ai gomiti. Un bambino mi spruzza l’acqua sul viso. Giochiamo insieme ma siamo interrotti dall’arrivo di un corteo. Li guardo a bocca aperta, con i loro cartelli e qualche slogan sempliciotto.
Eppure parleremo di questi come tempi felici.
Infandum regina iubes renovare dolorem. Che ipocrita Enea! Era un grande eroe ma poi raccontava bugie e scappava davanti ad una donna che lo amava con tutta l’anima, raccontando che il dovere lo chiamava a fondare una città, Roma. Che poi Roma si è fondata praticamente da sola. Detesto gli uomini che a parole dicono di amare alla follia e poi non muovono un dito per costruire una relazione reale. Si riconoscono a distanza, non bisogna lasciarsi avvicinare, non accettare neppure un bicchiere d’acqua.
Qualcuno ha scritto che la felicità è come avere una finestra di vetro dentro la testa. Devi starci aggrappato, perchè se si rompe vai a finire da un’altra parte della vita.La povera Didone preferì suicidarsi, quando sarebbe stato molto più logico chiudere Enea in una prigione a 10 metri di profondità e buttare la chiave. Ho buttato molte chiavi, qualcuna l’ho tenuta -non si sa mai, magari potevo ripensarci. Ma chi poi amerai veramente non finirà mai prigioniero, anzi si riconoscerà per quel senso fantastico di libertà reciproca, fatata e irrevocabile.
Guido verso casa, con l’emozione segreta che tra relativamente poco l’estate sarà finita e Vertecchi metterà in vetrina alberi e addobbi per il Natale. E pioverà tutto il giorno per tanti giorni.