Vergogna e dintorni

21 Aprile 2016

Dopo 15 giorni di isolamento a causa di un black out del mio "gestore" finalmente torno in aria, come dice un amico austriaco. Ho letto le vostre mail, vi ringrazio, ma sono stupita dal fatto che i ra...

Dopo 15 giorni di isolamento a causa di un black out del mio “gestore” finalmente torno in aria, come dice un amico austriaco. Ho letto le vostre mail, vi ringrazio, ma sono stupita dal fatto che i racconti di viaggio sembrano interessarvi poco rispetto al nostro consueto argomento, che credevo morto e sepolto o almeno in via di soluzione: il blocco creativo. Ancora pietrificati amici scrittori? Tutte le dritte vi sembrano poco efficaci? Le pagine del mattino inutili? Il pensiero positivo è  nel cassonetto? Mi sembra anche di avervi già detto che tra la prima e la seconda parte di Siddharta, Hermann Hesse trascorse più di un anno a temperare matite nell’attesa che uno stimolo creativo tornasse a riempire la sua anima e le sue giornate. Ma un giorno Siddharta tornò, senza preavviso e senza spiegazioni. Quindi facciamoci coraggio e aspettiamo anche quando tutto sembra perduto. Dobbiamo però essere attenti a non subire i sabotaggi di una vecchia nemica, la vergogna. Fare un’opera d’arte può essere molto simile a rivelare un segreto mostruoso, a portare fuori pensieri e pulsioni molto intimi e da sempre nascosti al mondo.”Che cosa penseranno di me, dopo aver saputo che cosa provo?” E’ il bambino in noi che si trascina in un angolo con il viso nascosto tra le mani. L’arte proietta un faro luminoso nella nostra anima, proprio in quella parte che teniamo accuratamente segreta. L’arte apre i vecchi armadi, arieggia le soffitte polverose e fa luce nelle cantine.  E questo è spaventoso. Quando vengo a sapere che da qualche parte hanno messo in scena un mio spettacolo, tiro un respiro di sollievo: per fortuna nessuno mi ha chiamato, non ho dovuto mostrare le ferite e la fonte delle zone buie e vergognose, non ho dovuto subire le critiche. E comunque se l’artista ha tollerato un’infanzia in cui ogni bisogno, ogni tipo di esplorazione o di aspettativa divenivano oggetto di derisione, il meccanismo paralizzante può subentrare anche senza una critica crudele. Se un bambino viene stigmatizzato per il semplice fatto di aver creduto di essere un individuo di talento, il gesto di portare a compimento un’opera d’arte sarà intriso di un intimo sentimento di vergogna. E quando la nostra arte rivela un segreto di un’anima, chi osserva potrebbe aggredirci definendo orribile anche un lavoro più che valido. L’antidoto è l’amore e la stima verso di sè. Incondizionati. Non è facile, lo so bene. A me basta uno sguardo per deprimermi, ma poi mi rimetto a scrivere. Perchè è questo che voglio, questo mi rende felice e appagata, questo è ciò che ho fatto e farò per tutta la vita.

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